3 recensioni ArtStyleL'arte secondo NintendoNel Maggio dello scorso anno, con l'avvento del servizio WiiWare, tramite il quale scaricare dei giochi in digital delivery sul proprio Wii, i possessori della home-console Nintendo si preparavano all'abbattersi di una valanga di titoli sviluppati dalla casa di Kyoto, rimanendo in questo delusi; Nintendo stessa sembrava snobbare il suo servizio, lasciando campo libero ad altre software house che invece hanno trovato in WiiWare una vera e propria miniera d'oro (pensiamo ad esempio ad Hudson Soft). L'inversione di tendenza si è avuta con la pubblicazione della trilogia degli Art Style, puzzle-game che puntano tutto sull'immediatezza del gamplay ed il ricercato stile audio-visivo. Da non sottovalutare poi il prezzo irrisorio di ogni titolo, appena 600 Wii Points (6€).
La serie di titoli in questione si riaggancia in realtà ad un'altra collana di giochi, pubblicati in Giappone per GameBoy Advance e purtroppo rimasti confinati nel paese del Sol Levante. I sette "bit Generations" si distinsero per la capacità di affascinare il giocatore con le loro atmosfere e trovate originali in fatto di gameplay: come non citare le stilizzatissime corse fra linee luminose a base di musica elettronica di Dotstream o i minigame da giocare rigorosamente ad occhi chiusi di Soundvoyager, in cui a guidarci c'erano esclusivamente i segnali captati dalle nostre orecchie. I titoli della bit Generations riscossero un buon successo di critica ed ancora oggi sono un must per tutti i giocatori dediti all'import.
È dunque su buone basi che poggia l'esperienza Art Style, i cui sviluppatori sono gli stessi Skip, autori appunto dei bit Generations, nonché della serie Chibi Robo e del recente Captain Rainbow (di cui attendiamo ancora la pubblicazione in occidente). Analizziamo quindi i titoli finora usciti per poi dare uno sguardo al futuro ed agli esponenti della serie che troveranno posto su DSiWare.
CUBELLOCubello cerca di unire in una bizzarra alchimia le meccaniche classiche del puzzle game “a blocchi” con il punto di vista tipico dei first person shooter. Lo scopo di ognuno degli stage in cui è suddiviso il gioco consiste nel colpire una struttura tridimensionale, detta appunto cubello, fatta di cubi colorati, con altri di questi cubi: se sparando un cubo formeremo un gruppo di quattro o più elementi dello stesso colore questi scompariranno, altrimenti non faremo altro che accrescere le dimensioni della struttura stessa; una volta eliminati tutti i blocchi e liberato il cubo centrale che fa da perno per il cubello, lo stage è superato.
Alla meccanica base, di immediata comprensione, si aggiungono diversi aspetti in grado di dare più di un tocco di strategia al gameplay, incoraggiando e talvolta obbligando il giocatore a preferire la strategia rispetto ad una misera smitragliata di blocchi. Innanzitutto grande importanza ricopre il magazzino in cui sono alloggiati i cubi a nostra disposizione: i blocchi lanciati verranno prelevati dal magazzino fino al loro esaurimento, che equivale al game over. Ovviamente è possibile rimpinguare la riserva di cubi semplicemente facendo sparire combinazioni di blocchi dal cubello, ma va notato che questo è in continuo movimento verso la “telecamera”, avvicinandosi dunque al giocatore; se la distanza fra noi e la struttura dovesse ridursi eccessivamente assisteremmo ad uno scontro, con l'effetto di una perdita di cubi dal magazzino. Anche in questo caso, il rimedio per allontanare il cubello ed evitare il rischio collisione consiste nel far scomparire gruppi di blocchi dello stesso colore.
Oltre al movimento che lo porta ad avvicinarsi al nostro punto di osservazione, il cubello è in continua rotazione su se stesso; questo ci permette di poter colpire la struttura quasi in ogni suo punto, a patto di aspettare che diventi visibile la parte giusta. Ancora, noi stessi siamo in grado di modificare il moto del cubello: colpirne un'estremità vuol dire farlo ruotare intorno al proprio asse e dare una nuova direzione alla rotazione.
Altri elementi del gameplay: dopo un certo numero di mosse, la situazione si complicherà con l'apparizione dal nulla di intere colonne di cubi, mentre ogni volta che metteremo a segno una combinazione una particolare slot-machine ci darà la possibilità di guadagnare, in maniera casuale, del tempo bonus, in cui sparare un numero illimitato di cubi di un determinato colore o ancor meglio dei cubi jolly che assumono il colore dei blocchi che toccano; questi round durano pochi secondi, ma permettono di far piazza pulita di un gran numero di cubi e talvolta di terminare lo stage. Immancabili inoltre le catene, ovvero serie di blocchi che scompaiono successivamente: far sparire dei cubi tagliando i collegamenti tra il cubello ed un certo numero di blocchi farà si che questi ultimi si avvicinino alla struttura, innescando eventualmente altre combinazioni di blocchi dello stesso colore e di qui delle intere catene.
Come si sarà potuto capire, la forza di Cubello sta proprio nel modo in cui da poche e semplici regole scaturisca una struttura ricca e complessa da padroneggiare. Se i primi stage non richiedono particolari accortezze per essere superati, i livelli più avanzati costringerannol'utente a pensare con cura ogni singolo lancio, obbligandolo al contempo a pensare in fretta per non far avvicinare troppo il cubello. Il gameplay è poi accompagnato da un sistema di controllo che fa uso unicamente del puntatore del Wiimote e di un tasto (A o B indifferentemente), e gode di una precisione millimetrica: è sorprendentemente facile prendere di mira anche le facce più lontane e poste più di sbieco rispetto alla telecamera.
Il comparto audiovisivo di Cubello, come per tutti i titoli Art Style, presenta un aspetto tecnico spartano, ma caratterizzato da uno stile assolutamente coerente. Gli unici elementi a schermo, oltre sli stilizzatissimi indicatori, sono i cubi che formano la struttura, in costante e onirica rotazione su di uno sfondo bianco, asettico ed il tutto ricorda da vicino le atmosfere respirate in Portal. Anche i colori che contraddistinguono i blocchi sono dettati da scelte cromatiche tutt'altro che banali. Dal canto suo, il comparto sonoro contribuisce all'atmosfera da laboratorio, e l'intera esperienza è accompagnata da una voce digitalizzata che annuncia i vari colori dei cubi da lanciare: forse un po' fastidiosa a lungo andare, ma di certo caratterizzante per l'atmosfera del titolo.
Concludendo, la longevità di Cubello si assesta su buoni livelli. Il giocatore è chiamato ad affrontare 36 livelli di crescente difficoltà (sia per numero di colori che per dimensioni e configurazioni iniziali del cubello), dovendosi scontrare con punte di sadismo non trascurabili. Pur avendo superato ogni singolo stage sarà possibile continuare a giocare in una modalità infinita, composta da livelli generati di volta in volta casualmente.
Concludendo, Cubello è un ottimo puzzle game, contrassegnato da un pesante fattore “ancora uno stage e poi basta”; considerato poi il prezzo irrisorio, il titolo in questione è un must per chiunque apprezzi il genere.
Voto: 8ROTOHEXSecondo titolo della serie pubblicato in Europa, Rotohex potrebbe essere visto come un Wiimake (un remake che sfrutta le peculiarità del Wii) di Dialhex, titolo appartenente alla bit Generations.
Così come nell'originale, il giocatore ha il compito di formare degli esagoni composti da sei triangoli dello stesso colore; questi triangoli sono posti all'interno di un'area di gioco esagonale e possono essere manipolati e spostati per mezzo di un puntatore, anchesso di forma esagonale: una volta catturati sei triangoli al suo interno, questi possono essere ruotati in senso orario o antiorario. Un aspetto che caratterizza in maniera forte il gameplay riguarda la fisica che governa i triangoli: lungi dal voler proporre dei comportamenti assolutamente credibili, il gioco presenta un abbozzo di forza di gravità, e dunque i blocchi sono portati a scendere verso il basso, se non ostacolati; utilizzare il puntatore senza tener conto di questo aspetto porta spesso (specialmente nelle prime partite) a peggiorare la disposizione dei triangoli, piuttosto che a migliorarla. Lo scopo del giocatore è quello ripulire l'area di gioco ed evitare che i triangoli che vi entrano continuamente dall'alto la riempiano completamente. Gli stage di Rotohex, che si susseguono senza soluzione di continuità, sono caratterizzati dall'aggiunta graduale di triangoli di colore diverso, che ovviamente complicano la realizzazione di esagoni monocromi ed dunque aumentano la difficoltà.
Ad aiutare il giocatore intervengono dei blocchi speciali che una volta utilizzati per comporre un esagono aprono una falla nell'area di gioco, in cui cadranno un gran numero di triangoli allontanando il game over, oppure modificano il colore dei blocchi in gioco in maniera tale da facilitarci il compito.
Oltre alla modalità Solo, in cui affrontare gli otto stage del gioco nel modo descritto, compaiono le modalità Endless e Sprint: nella prima manca la suddivisione in stage, e dunque si gioca inseguendo l'high score, mentre la seconda rappresenta una versione più veloce e difficile di quella Solo. Presente inoltre la possibilità di giocare in due. In questo caso l'area di gioco è formata da due “macro-esagoni” che condividono però alcune caselle; lo scopo dei giocatori è quello di causare il game over dell'avversario e per far ciò dovranno usare al meglio l'area di gioco condivisa, rubando i blocchi utili a comporre gli esagoni. Inoltre, componendo delle combinazioni all'interno di quest'area, è possibile aumentare il numero di triangoli che cadranno sull'avversario o far comparire nella sua area di gioco dei particolari blocchi indistruttibili.
Il gameplay di Rotohex, pur essendo descritto da poche e semplici regole, non è dei più immediati. Ruotare i triangoli allo scopo di formare esagoni dello stesso colore è un'operazione governata da alcune regole che emergono e diventano chiare al giocatore solo con numerose partite d'esperienza e questo potrebbe scoraggiare chi è alla ricerca di un gameplay immediato. Di contro, una volta acquisita una certa naturalezza nel trasportare i blocchi, Rotohex diventa una delle esperienze più assuefacenti disponibili su WiiWare: dopo lunghe sessioni di gioco sarà difficile “staccare la spina” e smettere di vedere esagoni che ruotano ogni volta che si chiudono gli occhi.
Lo stile tecnico di Rotohex è ancora più spartano di quello di Cubello. Tutto cio che è presente a schermo sono i triangoli colorati e pochi indicatori, anch'essi a forma di esagono; tutto è bidimensionale e non si discosta di quanto visto nell'omologo titolo per GameBoy Advance. Se nonostante delle scelte cromatiche azzeccate e alcuni orpelli visivi (per lo più legati all'uso del colore) la grafica del gioco non esalta, il comparto sonoro è semplicemente d'eccezione. La musica elettronica, mai invasiva ed eterea, di Rotohex accompagna il giocatore rilassandolo ma anche sottolineando l'urgenza dei triangoli incombenti; inoltre, il passaggio da uno stage al successivo è caratterizzato da un arricchimento della melodia che porta a brani via via più elaborati. Non è sbagliato dire che metà dell'esperienza di gioco di Rotohex è data proprio dal suo accompagnamento sonoro.
In definitiva Rotohex è un buon puzzle game penalizzato da una difficoltà inizialmente troppo elevata e da una certa mancanza dello stimolo a cominciare una nuova partita subito dopo la precedente, ma che saprà ripagare chi riuscirà a padroneggiare il gameplay del gioco, deliziandolo con una colonna sonora d'eccezione.
Voto: 7.5ORBIENTTerzo ed ultimo in ordine di pubblicazione, anche Orbient è un Wiimake di un gioco della bit Generations, l'apprezzatissimo Orbital.
Come il suo predecessore, Orbient presenta una meccanica di gioco che definire originale è riduttivo. Il giocatore ha infatti il controllo di un piccolo corpo celeste, una sorta di pianetucolo che vaga per lo spazio siderale; i movimenti dell'oggetto non sono stabiliti esplicitamente dal giocatore, ma sono ispirati al moto dei pianeti che generazioni di fisici hanno studiato. Senza alcun intervento, il corpo procede nello spazio (bidimensionale in Orbient) per pura inerzia, con moto rettilineo uniforme; l'unico modo di deviare questa traiettoria è quello di “attivare” la forza attrattiva generata dalla massa degli altri pianeti presenti nell'area di gioco: grazie a questa forza il nostro corpo celeste si avvicinerà dunque agli altri corpi (venendo attratto maggiormente da quelli più grandi), e passandogli abbastanza vicino potrà essere agganciato dalla loro forza di gravità, entrando quindi nella loro orbita. Analogamente potrà essere utilizzata una forza repulsiva, che ci porta ad allontanarci dagli altri corpi ed eventualmente uscire dalla loro orbita.
Capito come ci si muove nell'universo di Orbient, lo scopo di ogni stage è quello di riuscire a toccare i corpi di colore blu, in modo da ingurgitarli ed aumentare le dimensioni del nostro oggetto; fatto ciò, altri corpi precedentemente di colore rosso, normalmente da evitare (per non perdere una delle vite a disposizione) diventeranno di colore blu e quindi assimilabili. Durante l'opera di accrescimento, il giocatore può catturare i corpi più piccoli di lui (di colore bianco) semplicemente sfiorandoli, senza toccarli, e ottenere quindi dei satelliti; l'utilità di ciò consiste nell'ottenere a fine stage una vità in più per ogni satellite conquistato. Raggiunta una dimensione prefissata, comparirà nell'area di gioco un corpo di colore giallo, anch'esso da catturare nella propria orbita per concludere lo stage e passare al conteggio dei punti. Oltre ai pianeti di vario colore, lo spazio è popolato da altre presenze: innanzitutto gli odiosi asteroidi, di colore viola, che rappresentano una minaccia per il nostro corpo celeste a prescindere dalle dimensioni raggiunte; abbiamo poi la luna, un piccolo corpo rappresentato proprio come il nostro amato satellite, da catturare nella nostra orbita per avere un ulteriore bonus in punti. Infine, elemento non presente nel gioco originale, fa la sua comparsa lo spettacolare buco nero: in grado di piegare visibilmente lo spazio e la materia che lo circonda, rappresenta la più grande minaccia del gioco dato che è in grado di attirare il nostro pianeta anche se il giocatore non ha attivato la forza attrattiva; inoltre, se si ha la sventura di finirci dentro, oltre a perdere una vita saremo costretti a ricominciare lo stage da capo, cosa che non accade andando a sbattere contro un corpo rosso o un asteroide.
Le poche e semplici regole di Orbient sono del tutto inedite nel mondo videoludico, ad eccezione dell'originale Orbital, e non risultano inizialmente semplici da padroneggiare. In aiuto del giocatore giunge però un level design inizialmente semplicistico, per permettere a tutti di capire la meccanica del movimento, che diventa successivamente originale ed impegnativo; a questo punto il giocatore potrà divertirsi ad effettuare manovre funamboliche uscendo ed entrando dalle orbite di pianeti molto più grandi di lui, evitando asteroridi per un soffio e catturando eserciti di satelliti. Infine, gli stage raggiungono livelli di difficoltà decisamente alti, in grado di rappresentare una sfida anche per gli astronauti più abili. Il gameplay di Orbient dunque può sembrare sulle prime spiazzante, ma ben presto (aiutato dall'ottimo level design) si rivela divertente ed appagante: non è raro evitare di porre fine allo stage solo per vedere fino a che punto si riesce ad ingrandire il proprio corpo celeste o per riuscire a catturare ogni singolo satellite lasciatosi alle spalle.
La longevità del titolo si assesta per altro su buoni livelli. Nonostante la sua natura a stage, e dunque la mancanza di una sorta di modalità infinita, Orbient propone un numero decisamente buono di livelli e la scoperta di nuove galassie giocabili procede ben oltre la prima volta che vedremo scorrere i titoli di coda.
Passando all'aspetto audiovisivo del gioco, non si può restare impassibili di fronte a quanto mostrato da Orbient. Come ormai risulta chiaro, la grafica degli Art Style è tutto fuorchè una dimostrazione di potenza computazionale, ma anche se rappresentati da semplici dischi colorati e con dei minimali effetti luce, i pianeti in costante movimento di Orbient catturano in pieno le atmosfere eteree che in ogni altro ambito artistico vengono associate allo spazio profondo. Ovviamente anche il sonoro fa la sua parte: ogni stage ha inizio accompagnato da una melodia semplice, se non del tutto sostituita da classici effetti sonori spaziali, che viene arricchita ogni volta che catturiamo un satellite, fino ad arrivare ad una miriade di note intrecciate fra loro; da pelle d'oca poi il passaggio da questa complessità sonora all'assordante silenzio, spezzato da pochissime note, che si ottiene catturando la luna.
In definitiva, Orbient è probabilmente il più riuscito fra i tre titoli della serie per Wii, grazie alla sua meccanica assolutamente inedita ed appagante, ai suoi numerosi e ben congegnati livelli e ad un comparto artistico d'eccezione. Il tutto al risibile prezzo di 600 Wii Points.
Voto: 8.5[everyeye.it]