Recensioni VC/WW

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gattochiatto
view post Posted on 16/1/2009, 16:22




World of Goo me lo devo prendere!!! :sbav:
 
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.Luke-Cobain.
view post Posted on 16/1/2009, 23:37




CITAZIONE (gattochiatto @ 16/1/2009, 16:22)
World of Goo me lo devo prendere!!! :sbav:

Quasi quasi pure io O_O
 
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nes93
view post Posted on 16/1/2009, 23:44




Predete Secret of Mana piuttosto! ç_ç
 
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.Luke-Cobain.
view post Posted on 16/1/2009, 23:48




CITAZIONE (nes93 @ 16/1/2009, 23:44)
Predete Secret of Mana piuttosto! ç_ç

PRENDO TUTTO LO STORE TI VA BENE!??! XDDDD
 
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nes93
view post Posted on 17/1/2009, 00:33




Per me va bene.. :XD:
 
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gattochiatto
view post Posted on 19/2/2009, 16:15




Onslaught

FPS e Wiiware, una strana alchimia
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Fin da quando è stato presentato il Wiimote, accoppiato con il Nunchaku, il nuovo sistema di controllo è stato oggetto di notevole interesse da parte dei giocatori affamati dei First Person Shooter. Questo perché il genere in questione è da molti ritenuto castrato nelle sue incarnazioni casalinghe, essendo incapace un semplice pad di ricalcare in maniera altrettanto precisa e rapida il binomio mouse-tastiera tanto caro ai giocatori su PC. Il sensore infrarosso lasciava presagire un roseo futuro fatto di FPS uno più bello dell’altro, tanto che anche il primo gioco presentato ormai anni fa per Nintendo Wii fu il forse troppo vituperato Red Steel. Nella realtà le cose sono andate diversamente, avendo molti titoli fallito l’obiettivo di garantire al giocatore un’esperienza di gioco di elevata caratura. Tuttavia, nonostante a livello globale i songoli titoli non abbiano "bucato lo schermo", nella maggior parte dei casi (Medal Of Honor Heroes 2, Metroid Prime 3: Corruption, Call Of Duty: World At War) la sezione dedicata ai controlli è sempre stata trattata con cura e perizia, e probabilmente con il prossimo The Conduit si avrà finalmente un prodotto completo da ogni punto di vista.
Una tale naturalezza da parte del Wiimote nel gestire il control scheme degli FPS è un punto d’attrazione per gli sviluppatori: lecito aspettarsi altri titoli ed altre migliorie in futuro. Quello che non ci si aspettava era vedere un FPS su WiiWare, il digital delivery service made in Nintendo. Hudson ha stupito tutti con un esperimento coraggioso e forse azzardato: Onslaught. Vediamo in che modo.

Dagli all’insetto
Una volta scaricato, per il costo di 1000 Wii Points (10€), Onslaught si apre con una breve sequenza introduttiva, nella quale schermate fisse raccontano le vicende nelle quali saremo coinvolti: un esperimento a base di insetti troppo cresciuti e nanotecnologie è andato male, e qualcuno deve risolvere il problema in un pianeta completamente disabitato ma pieno di nidi di atropodi, coleotteri, blatte e quanto di più ripugnante vi possa venire in mente. Inutile dire che quel qualcuno sarà il personaggio guidato dal giocatore.
La prima impressione, una volta sbarcati sul pianeta, è molto buona. Il sistema di controllo è preciso e di facile apprendimento: il movimento e gli strafe laterali sono gestiti tramite il control stick del Nunchaku, con i tasti C e Z affidati rispettivamente alle granate ed alla frusta ad energia, utile in caso di scontri ravvicinati; tramite la croce direzionale vengono gestite le armi, con ogni direzione affidata ad una diversa tipologia, il tasto B apre il fuoco e quello A cambia la formazione del gruppo. Ma non eravamo soli? In realtà per poco, dato che giù durante la prima missione incontrerete due compagni che vi aiuteranno nello sterminio, e potrete cambiarne la disposizione secondo le necessità di attacco: la formazione frontale permetterà di avere un maggior volume di fuoco davanti a voi, quella laterale impedirà al nemico di accerchiarvi e quella di copertura impedirà di subire spiacevoli attacchi alle spalle. Il bello è che l'utilizzo dei compagni non è solo un elemento di contorno, dato che nelle missioni più avanzate ci sarà bisogno di usare ogni volta una diversa tattica: il sistema insomma funziona, e funziona bene, garantendo anche una certa varietà concettuale. Il mirino a schermo risponde con precisione ai cambi di direzione: forse è un po’ lento nelle impostazioni di default ma, se ne doveste sentire la necessità, è possibile aumentarne la sensibilità nella schermata delle opzioni. L’unica pecca del sistema di controllo è la corsa: due rapidi colpi al control stick faranno scattare il personaggio per un istante, e farlo nella direzione frontale non è molto comodo.

Il ritmo di gioco, già dopo le prime sessione, appare molto particolare, diverso da quello dei FPS classici: subito sarete messi di fronte ad ondate di nemici corpose e sostenute. Raramente avrete a che fare con sparuti gruppi di avversari: più di sovente gli insetti si faranno sotto in gruppo, uscendo a fiumi dai nidi. Tale aspetto è funzionale gameplay: Onslaught è un FPS, senza ombra di dubbio, ma un FPS atipico. Le ridotte capacità di spazio che per necessità un titolo WiiWare deve rispettare hanno impedito agli sviluppatori di creare strutture labirintiche e piene di ripari, o punti strategici dai quali far fuoco. Così il titolo assomiglia, a tratti, agli "scrolling shooter" orizzontali e verticali da sala: non è un caso infatti che venga posta una forte enfasi sul sistema di combo, e che inanellando uccisioni su uccisioni (cosa possibile ovviamente solo avendo a schermo miriadi di nemici) si possa accrescere in maniera sensibile il proprio punteggio. Allora anche il sistema di gestione dei compagni comincia a ricordare il grande R-Type, in cui il posizionamento tattico del modulo aggiuntivo diventa fondamentale per la progressione.
Nelle prime missioni la situazione sarà comunque facilmente gestibile: ogni nemico è diviso in tre parti (cuore, carne, metallo), ed a seconda del punto colpito la nostra arma arrecherà più o meno danno, ed all’inizio non ci sarà bisogno di andare tanto per il sottile e basterà distribuire la giusta dose di proiettili. Successivamente la situazione richiederà un maggior impegno ed una maggiore precisione, visto che gli insetti si faranno sempre più resistenti ed attaccheranno in ondate sempre più consistenti. Qui però sta probabilmente il problema più grave di Onslaught: nella modalità facile portare a termine il gioco sarà compito per niente arduo, ma già da quella normale i problemi saranno assai maggiori. Il perché è presto detto: ad un progressivo aumento della potenza dei nemici non corrisponde un contestuale aumento della potenza delle nostre bocche da fuoco. La possibilità di migliorarle c’è: il problema è che troverete le versioni potenziate delle vostre quattro armi di partenza (fucile d’assalto, mitraglietta, shotgun e lanciarazzi) negli angoli più reconditi delle mappe e non sempre sarà possibile raggiungerle. Solo la pratica reiterata e continua vi aiuterà a sopravvivere in qualche modo: così Onslaught eredita, assieme alle caratteristiche di base degli arcade shooter di cui si diceva sopra, anche i loro più grandi limiti. La curva di difficoltà ripidissima è funzionale all'idea di un titolo da giocare e rigiocare metodicamente, per ricercare la perfezione dell'High Score. Un lavoro per puristi, insomma, piuttosto che per utenti alla ricerca di un'esperienza di gioco bilanciata e salda anche dal punto di vista narrativo/scenografico. Peccato, perché la modalità in singolo riesce ad essere assai divertente, le missioni sono molto varie, e ci sono piccole aggiunte che impreziosiscono il gameplay: ad esempio se ucciderete un nemico troppo vicino verrete coperti dagli schizzi del suo sangue verdastro e velenoso, e sarà necessario toglierlo via pulendovi con il braccio (ovvero con un rapido movimento del Nunchaku). Sempre per amor di varietà, in alcuni casi potrete mettervi alla guida di un potente mezzo dotato di due mitragliatori pesanti.
La globalità dell'offerta va quindi ben oltre la sufficienza, e Onslaught può essere goduto appieno anche da chi non sente il bisogno di confrontarsi continuamente con i propri record. Ma è certo che, oltre il margine dell'Easy Mode, la vera anima del titolo stia proprio nella ricerca del punteggio elevato, nel ritmo sostenuto e martellante forse non adatto a tutti i palati.

Dagli all’insetto, parte seconda

A corredo della modalità storia Onslaught ne presenta una multiplayer, che consta di due diverse opzioni: “Scontro Libero” e “Scontro Classifica”. La prima altro non è che una modalità cooperativa nella quale riaffrontare in compagnia i livelli della storia; la seconda pone invece i giocatori all’interno di un enorme cratere nel quale affrontare orde su orde di insetti, con l’obiettivo di far più punti possibili, ai fini di una classifica online costantemente aggiornata. Comoda l’opzione per entrare subito nell’arena senza aspettare che il server trovi tutti i giocatori. Inutile aggiungere che questa opzione incrementa un poco il valore di rigiocabilità, sebbene non possa in alcun modo "nascondere" la natura fortemente arcade del prodotto, che si presta quindi a partite cooperative emozionate e ritmate, ma in cui latita il senso di reciproco sostegno. Anche l'opzione online sarà sfruttata soprattutto dai patiti dell'arcade perfect.

Graficamente Onslaught si difende bene. Ovviamente per questioni di spazio non c’è una grande varietà degli ambienti, ma questo -grazie alla frenesia dell'azione- passa in secondo piano. Forse qualcosa in più poteva essere fatto per gli insetti, presenti in appena cinque tipologie e tre diversi gradi dello stadio evolutivo; ma anche qui probabilmente le questioni di spazio saranno state difficili da affrontare. I modelli delle armi sono soddisfacenti, così come quelli dei vostri compagni, del BKD-G (il veicolo di cui sopra) e delle poche strutture presenti. Inoltre il motore gira in maniera fluida e senza incertezze.
Il comparto audio non è niente di eccezionale: le poche musiche, pur non essendo memorabili, non stancano e riescono ad essere abbastanza d’atmosfera. Discreti gli effetti sonori delle armi ed i versi dei nemici, ma anche qui niente di trascendentale. Nel complesso comunque il lavoro fatto dal punto di vista tecnico è sopra la sufficienza.

Commento Finale
Sicuramente Onslaught è un acquisto consigliato tra i titoli attualmente disponibili per WiiWare. La modalità in singolo è divertente e varia, seppur penalizzata da un bilanciamento non buono della difficoltà; pare dedicata, soprattutto ai livelli di difficoltà più alti, agli amanti di una sfida "old style", e mescola in maniera originale la visuale in prima persona con le caratteristiche (e i limiti) degli shooter a scorrimento. L’enfasi posta sulla realizzazione di punteggi il più alti possibili e soprattutto una buona modalità multiplayer a corredo ne ampliano in maniera più che soddisfacente la longevità, consegnando agli amanti degli FPS un titolo senza molte pretese ma che senza ombra di dubbio riuscirà ad intrattenerli nell’attesa dell’arrivo di ben altri calibri.

Grafica 7
Sonoro 7
Giocab. 7
Longev. 7

GLOBALE 7

[everyeye.it]
 
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gattochiatto
view post Posted on 15/4/2009, 12:08




3 recensioni ArtStyle

L'arte secondo Nintendo
Nel Maggio dello scorso anno, con l'avvento del servizio WiiWare, tramite il quale scaricare dei giochi in digital delivery sul proprio Wii, i possessori della home-console Nintendo si preparavano all'abbattersi di una valanga di titoli sviluppati dalla casa di Kyoto, rimanendo in questo delusi; Nintendo stessa sembrava snobbare il suo servizio, lasciando campo libero ad altre software house che invece hanno trovato in WiiWare una vera e propria miniera d'oro (pensiamo ad esempio ad Hudson Soft). L'inversione di tendenza si è avuta con la pubblicazione della trilogia degli Art Style, puzzle-game che puntano tutto sull'immediatezza del gamplay ed il ricercato stile audio-visivo. Da non sottovalutare poi il prezzo irrisorio di ogni titolo, appena 600 Wii Points (6€).
La serie di titoli in questione si riaggancia in realtà ad un'altra collana di giochi, pubblicati in Giappone per GameBoy Advance e purtroppo rimasti confinati nel paese del Sol Levante. I sette "bit Generations" si distinsero per la capacità di affascinare il giocatore con le loro atmosfere e trovate originali in fatto di gameplay: come non citare le stilizzatissime corse fra linee luminose a base di musica elettronica di Dotstream o i minigame da giocare rigorosamente ad occhi chiusi di Soundvoyager, in cui a guidarci c'erano esclusivamente i segnali captati dalle nostre orecchie. I titoli della bit Generations riscossero un buon successo di critica ed ancora oggi sono un must per tutti i giocatori dediti all'import.
È dunque su buone basi che poggia l'esperienza Art Style, i cui sviluppatori sono gli stessi Skip, autori appunto dei bit Generations, nonché della serie Chibi Robo e del recente Captain Rainbow (di cui attendiamo ancora la pubblicazione in occidente). Analizziamo quindi i titoli finora usciti per poi dare uno sguardo al futuro ed agli esponenti della serie che troveranno posto su DSiWare.

CUBELLO
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Cubello cerca di unire in una bizzarra alchimia le meccaniche classiche del puzzle game “a blocchi” con il punto di vista tipico dei first person shooter. Lo scopo di ognuno degli stage in cui è suddiviso il gioco consiste nel colpire una struttura tridimensionale, detta appunto cubello, fatta di cubi colorati, con altri di questi cubi: se sparando un cubo formeremo un gruppo di quattro o più elementi dello stesso colore questi scompariranno, altrimenti non faremo altro che accrescere le dimensioni della struttura stessa; una volta eliminati tutti i blocchi e liberato il cubo centrale che fa da perno per il cubello, lo stage è superato.
Alla meccanica base, di immediata comprensione, si aggiungono diversi aspetti in grado di dare più di un tocco di strategia al gameplay, incoraggiando e talvolta obbligando il giocatore a preferire la strategia rispetto ad una misera smitragliata di blocchi. Innanzitutto grande importanza ricopre il magazzino in cui sono alloggiati i cubi a nostra disposizione: i blocchi lanciati verranno prelevati dal magazzino fino al loro esaurimento, che equivale al game over. Ovviamente è possibile rimpinguare la riserva di cubi semplicemente facendo sparire combinazioni di blocchi dal cubello, ma va notato che questo è in continuo movimento verso la “telecamera”, avvicinandosi dunque al giocatore; se la distanza fra noi e la struttura dovesse ridursi eccessivamente assisteremmo ad uno scontro, con l'effetto di una perdita di cubi dal magazzino. Anche in questo caso, il rimedio per allontanare il cubello ed evitare il rischio collisione consiste nel far scomparire gruppi di blocchi dello stesso colore.
Oltre al movimento che lo porta ad avvicinarsi al nostro punto di osservazione, il cubello è in continua rotazione su se stesso; questo ci permette di poter colpire la struttura quasi in ogni suo punto, a patto di aspettare che diventi visibile la parte giusta. Ancora, noi stessi siamo in grado di modificare il moto del cubello: colpirne un'estremità vuol dire farlo ruotare intorno al proprio asse e dare una nuova direzione alla rotazione.
Altri elementi del gameplay: dopo un certo numero di mosse, la situazione si complicherà con l'apparizione dal nulla di intere colonne di cubi, mentre ogni volta che metteremo a segno una combinazione una particolare slot-machine ci darà la possibilità di guadagnare, in maniera casuale, del tempo bonus, in cui sparare un numero illimitato di cubi di un determinato colore o ancor meglio dei cubi jolly che assumono il colore dei blocchi che toccano; questi round durano pochi secondi, ma permettono di far piazza pulita di un gran numero di cubi e talvolta di terminare lo stage. Immancabili inoltre le catene, ovvero serie di blocchi che scompaiono successivamente: far sparire dei cubi tagliando i collegamenti tra il cubello ed un certo numero di blocchi farà si che questi ultimi si avvicinino alla struttura, innescando eventualmente altre combinazioni di blocchi dello stesso colore e di qui delle intere catene.
Come si sarà potuto capire, la forza di Cubello sta proprio nel modo in cui da poche e semplici regole scaturisca una struttura ricca e complessa da padroneggiare. Se i primi stage non richiedono particolari accortezze per essere superati, i livelli più avanzati costringerannol'utente a pensare con cura ogni singolo lancio, obbligandolo al contempo a pensare in fretta per non far avvicinare troppo il cubello. Il gameplay è poi accompagnato da un sistema di controllo che fa uso unicamente del puntatore del Wiimote e di un tasto (A o B indifferentemente), e gode di una precisione millimetrica: è sorprendentemente facile prendere di mira anche le facce più lontane e poste più di sbieco rispetto alla telecamera.
Il comparto audiovisivo di Cubello, come per tutti i titoli Art Style, presenta un aspetto tecnico spartano, ma caratterizzato da uno stile assolutamente coerente. Gli unici elementi a schermo, oltre sli stilizzatissimi indicatori, sono i cubi che formano la struttura, in costante e onirica rotazione su di uno sfondo bianco, asettico ed il tutto ricorda da vicino le atmosfere respirate in Portal. Anche i colori che contraddistinguono i blocchi sono dettati da scelte cromatiche tutt'altro che banali. Dal canto suo, il comparto sonoro contribuisce all'atmosfera da laboratorio, e l'intera esperienza è accompagnata da una voce digitalizzata che annuncia i vari colori dei cubi da lanciare: forse un po' fastidiosa a lungo andare, ma di certo caratterizzante per l'atmosfera del titolo.
Concludendo, la longevità di Cubello si assesta su buoni livelli. Il giocatore è chiamato ad affrontare 36 livelli di crescente difficoltà (sia per numero di colori che per dimensioni e configurazioni iniziali del cubello), dovendosi scontrare con punte di sadismo non trascurabili. Pur avendo superato ogni singolo stage sarà possibile continuare a giocare in una modalità infinita, composta da livelli generati di volta in volta casualmente.
Concludendo, Cubello è un ottimo puzzle game, contrassegnato da un pesante fattore “ancora uno stage e poi basta”; considerato poi il prezzo irrisorio, il titolo in questione è un must per chiunque apprezzi il genere.

Voto: 8

ROTOHEX
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Secondo titolo della serie pubblicato in Europa, Rotohex potrebbe essere visto come un Wiimake (un remake che sfrutta le peculiarità del Wii) di Dialhex, titolo appartenente alla bit Generations.
Così come nell'originale, il giocatore ha il compito di formare degli esagoni composti da sei triangoli dello stesso colore; questi triangoli sono posti all'interno di un'area di gioco esagonale e possono essere manipolati e spostati per mezzo di un puntatore, anchesso di forma esagonale: una volta catturati sei triangoli al suo interno, questi possono essere ruotati in senso orario o antiorario. Un aspetto che caratterizza in maniera forte il gameplay riguarda la fisica che governa i triangoli: lungi dal voler proporre dei comportamenti assolutamente credibili, il gioco presenta un abbozzo di forza di gravità, e dunque i blocchi sono portati a scendere verso il basso, se non ostacolati; utilizzare il puntatore senza tener conto di questo aspetto porta spesso (specialmente nelle prime partite) a peggiorare la disposizione dei triangoli, piuttosto che a migliorarla. Lo scopo del giocatore è quello ripulire l'area di gioco ed evitare che i triangoli che vi entrano continuamente dall'alto la riempiano completamente. Gli stage di Rotohex, che si susseguono senza soluzione di continuità, sono caratterizzati dall'aggiunta graduale di triangoli di colore diverso, che ovviamente complicano la realizzazione di esagoni monocromi ed dunque aumentano la difficoltà.
Ad aiutare il giocatore intervengono dei blocchi speciali che una volta utilizzati per comporre un esagono aprono una falla nell'area di gioco, in cui cadranno un gran numero di triangoli allontanando il game over, oppure modificano il colore dei blocchi in gioco in maniera tale da facilitarci il compito.
Oltre alla modalità Solo, in cui affrontare gli otto stage del gioco nel modo descritto, compaiono le modalità Endless e Sprint: nella prima manca la suddivisione in stage, e dunque si gioca inseguendo l'high score, mentre la seconda rappresenta una versione più veloce e difficile di quella Solo. Presente inoltre la possibilità di giocare in due. In questo caso l'area di gioco è formata da due “macro-esagoni” che condividono però alcune caselle; lo scopo dei giocatori è quello di causare il game over dell'avversario e per far ciò dovranno usare al meglio l'area di gioco condivisa, rubando i blocchi utili a comporre gli esagoni. Inoltre, componendo delle combinazioni all'interno di quest'area, è possibile aumentare il numero di triangoli che cadranno sull'avversario o far comparire nella sua area di gioco dei particolari blocchi indistruttibili.
Il gameplay di Rotohex, pur essendo descritto da poche e semplici regole, non è dei più immediati. Ruotare i triangoli allo scopo di formare esagoni dello stesso colore è un'operazione governata da alcune regole che emergono e diventano chiare al giocatore solo con numerose partite d'esperienza e questo potrebbe scoraggiare chi è alla ricerca di un gameplay immediato. Di contro, una volta acquisita una certa naturalezza nel trasportare i blocchi, Rotohex diventa una delle esperienze più assuefacenti disponibili su WiiWare: dopo lunghe sessioni di gioco sarà difficile “staccare la spina” e smettere di vedere esagoni che ruotano ogni volta che si chiudono gli occhi.
Lo stile tecnico di Rotohex è ancora più spartano di quello di Cubello. Tutto cio che è presente a schermo sono i triangoli colorati e pochi indicatori, anch'essi a forma di esagono; tutto è bidimensionale e non si discosta di quanto visto nell'omologo titolo per GameBoy Advance. Se nonostante delle scelte cromatiche azzeccate e alcuni orpelli visivi (per lo più legati all'uso del colore) la grafica del gioco non esalta, il comparto sonoro è semplicemente d'eccezione. La musica elettronica, mai invasiva ed eterea, di Rotohex accompagna il giocatore rilassandolo ma anche sottolineando l'urgenza dei triangoli incombenti; inoltre, il passaggio da uno stage al successivo è caratterizzato da un arricchimento della melodia che porta a brani via via più elaborati. Non è sbagliato dire che metà dell'esperienza di gioco di Rotohex è data proprio dal suo accompagnamento sonoro.
In definitiva Rotohex è un buon puzzle game penalizzato da una difficoltà inizialmente troppo elevata e da una certa mancanza dello stimolo a cominciare una nuova partita subito dopo la precedente, ma che saprà ripagare chi riuscirà a padroneggiare il gameplay del gioco, deliziandolo con una colonna sonora d'eccezione.

Voto: 7.5

ORBIENT
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Terzo ed ultimo in ordine di pubblicazione, anche Orbient è un Wiimake di un gioco della bit Generations, l'apprezzatissimo Orbital.
Come il suo predecessore, Orbient presenta una meccanica di gioco che definire originale è riduttivo. Il giocatore ha infatti il controllo di un piccolo corpo celeste, una sorta di pianetucolo che vaga per lo spazio siderale; i movimenti dell'oggetto non sono stabiliti esplicitamente dal giocatore, ma sono ispirati al moto dei pianeti che generazioni di fisici hanno studiato. Senza alcun intervento, il corpo procede nello spazio (bidimensionale in Orbient) per pura inerzia, con moto rettilineo uniforme; l'unico modo di deviare questa traiettoria è quello di “attivare” la forza attrattiva generata dalla massa degli altri pianeti presenti nell'area di gioco: grazie a questa forza il nostro corpo celeste si avvicinerà dunque agli altri corpi (venendo attratto maggiormente da quelli più grandi), e passandogli abbastanza vicino potrà essere agganciato dalla loro forza di gravità, entrando quindi nella loro orbita. Analogamente potrà essere utilizzata una forza repulsiva, che ci porta ad allontanarci dagli altri corpi ed eventualmente uscire dalla loro orbita.
Capito come ci si muove nell'universo di Orbient, lo scopo di ogni stage è quello di riuscire a toccare i corpi di colore blu, in modo da ingurgitarli ed aumentare le dimensioni del nostro oggetto; fatto ciò, altri corpi precedentemente di colore rosso, normalmente da evitare (per non perdere una delle vite a disposizione) diventeranno di colore blu e quindi assimilabili. Durante l'opera di accrescimento, il giocatore può catturare i corpi più piccoli di lui (di colore bianco) semplicemente sfiorandoli, senza toccarli, e ottenere quindi dei satelliti; l'utilità di ciò consiste nell'ottenere a fine stage una vità in più per ogni satellite conquistato. Raggiunta una dimensione prefissata, comparirà nell'area di gioco un corpo di colore giallo, anch'esso da catturare nella propria orbita per concludere lo stage e passare al conteggio dei punti. Oltre ai pianeti di vario colore, lo spazio è popolato da altre presenze: innanzitutto gli odiosi asteroidi, di colore viola, che rappresentano una minaccia per il nostro corpo celeste a prescindere dalle dimensioni raggiunte; abbiamo poi la luna, un piccolo corpo rappresentato proprio come il nostro amato satellite, da catturare nella nostra orbita per avere un ulteriore bonus in punti. Infine, elemento non presente nel gioco originale, fa la sua comparsa lo spettacolare buco nero: in grado di piegare visibilmente lo spazio e la materia che lo circonda, rappresenta la più grande minaccia del gioco dato che è in grado di attirare il nostro pianeta anche se il giocatore non ha attivato la forza attrattiva; inoltre, se si ha la sventura di finirci dentro, oltre a perdere una vita saremo costretti a ricominciare lo stage da capo, cosa che non accade andando a sbattere contro un corpo rosso o un asteroide.
Le poche e semplici regole di Orbient sono del tutto inedite nel mondo videoludico, ad eccezione dell'originale Orbital, e non risultano inizialmente semplici da padroneggiare. In aiuto del giocatore giunge però un level design inizialmente semplicistico, per permettere a tutti di capire la meccanica del movimento, che diventa successivamente originale ed impegnativo; a questo punto il giocatore potrà divertirsi ad effettuare manovre funamboliche uscendo ed entrando dalle orbite di pianeti molto più grandi di lui, evitando asteroridi per un soffio e catturando eserciti di satelliti. Infine, gli stage raggiungono livelli di difficoltà decisamente alti, in grado di rappresentare una sfida anche per gli astronauti più abili. Il gameplay di Orbient dunque può sembrare sulle prime spiazzante, ma ben presto (aiutato dall'ottimo level design) si rivela divertente ed appagante: non è raro evitare di porre fine allo stage solo per vedere fino a che punto si riesce ad ingrandire il proprio corpo celeste o per riuscire a catturare ogni singolo satellite lasciatosi alle spalle.
La longevità del titolo si assesta per altro su buoni livelli. Nonostante la sua natura a stage, e dunque la mancanza di una sorta di modalità infinita, Orbient propone un numero decisamente buono di livelli e la scoperta di nuove galassie giocabili procede ben oltre la prima volta che vedremo scorrere i titoli di coda.
Passando all'aspetto audiovisivo del gioco, non si può restare impassibili di fronte a quanto mostrato da Orbient. Come ormai risulta chiaro, la grafica degli Art Style è tutto fuorchè una dimostrazione di potenza computazionale, ma anche se rappresentati da semplici dischi colorati e con dei minimali effetti luce, i pianeti in costante movimento di Orbient catturano in pieno le atmosfere eteree che in ogni altro ambito artistico vengono associate allo spazio profondo. Ovviamente anche il sonoro fa la sua parte: ogni stage ha inizio accompagnato da una melodia semplice, se non del tutto sostituita da classici effetti sonori spaziali, che viene arricchita ogni volta che catturiamo un satellite, fino ad arrivare ad una miriade di note intrecciate fra loro; da pelle d'oca poi il passaggio da questa complessità sonora all'assordante silenzio, spezzato da pochissime note, che si ottiene catturando la luna.
In definitiva, Orbient è probabilmente il più riuscito fra i tre titoli della serie per Wii, grazie alla sua meccanica assolutamente inedita ed appagante, ai suoi numerosi e ben congegnati livelli e ad un comparto artistico d'eccezione. Il tutto al risibile prezzo di 600 Wii Points.

Voto: 8.5

[everyeye.it]
 
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gattochiatto
view post Posted on 29/5/2009, 14:02




Bit.Trip BEAT



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I am only a man...
Bit.Trip BEAT è solo il primo una serie di titoli incentrati sull'estetica anni '80 e con un gameplay che strizza un occhio ai rhythm game, sviluppati da Gaijin per WiiWare.
Gli sviluppatori (un team composto da sole tre persone) hanno intenzione di raccontarci le psichedeliche avventure di Commander Video, un pixellosissimo omino proveniente dallo spazio profondo; per generare interesse nel progetto e nel personaggio fu addirittura creato un misterioso video, che stuzzicasse la curiosità dei giocatori; del resto la via del viral marketing è forse la più efficace a disposizione di una software house così piccola.
In attesa del secondo episodio, il già annunciato Bit.Trip CORE, analizziamo questo bizzarro cross-over di ingredienti tanto arcaici quanto innovativi.

Pong incontra Guitar Hero
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La meccanica di gioco di Bit.Trip BEAT mischia così tanti elementi presi da altri giochi da risultare paradossalmente innovativa. Il giocatore ha il compito di controllare una barra (quella che nei classici come Pong o Arkanoid veniva chiamata racchetta) posta all'estremità sinistra dello schermo e vincolata a muoversi in verticale. Il controllo è associato alla rotazione in avanti o indietro del Wiimote, da reggere in posizione orizzontale, e non richiede dunque la pressione di alcun tipo di pulsante; liquidiamo il discorso comandi dicendo che la rotazione dal controller è rilevata impeccabilmente e con una sensibilità che permette al giocatore la massima naturalezza nel muovere la racchetta.
In termini spiccioli, lo scopo del gioco consiste nell'intercettare i beat, i quadratini che -attraversando lo schermo da destra a sinistra- viaggiano incontro alla racchetta del giocatore. I beat possono essere di tantissimi tipi, ed il loro comportamento è indicato dal colore. Si va dai semplicissimi beat bianchi, che descrivono una traiettoria rettilinea senza alcuna deviazione, a quelli che, viaggiando in obliquo, rimbalzano sulle pareti superiore e inferiore. Passando però per un'incredibile varietà di comportamenti diversi: beat che si fermano per poi ripartire, altri che colpendo la racchetta la costringono ad un secondo di inattività, raffiche di beat da intercettare con movimenti lenti e precisi ed altro ancora. Imparare a riconoscere e controbattere ogni tipo di beat è parte integrante del gameplay ed in pratica l'unico modo per riuscire ad evitare la sopraggiunta del game over; va specificato però che la comparsa di beat di diverso tipo non è casuale, bensì del tutto preimpostata a seconda dello stage selezionato.
Il sistema con cui Bit.Trip BEAT assegna un punteggio al giocatore è strettamente legato ai moltiplicatori, ottenibili eseguendo delle lunghe combo. All'inizio di ogni stage il giocatore si trova nel cosiddetto stato Mega, ma riuscendo a ribattere un certo numero di beat, e dunque riempiendo una barra posta nella parte alta dello schermo, passerà allo stato Hyper; da qui in poi, ogni volta che la barra verrà riempita nuovamente si aggiungerà un +1 al moltiplicatore attuale. D'altro canto se si lasceranno passare troppi beat senza riuscire ad intercettarli si riempirà una barra nella parte bassa dello schermo e questo vorrà dire tornare allo stato Mega se ci si trovava in Hyper o passare da Mega a Neither. Lo stato Neither rappresenta una sorta di limbo in cui lo schermo si svuota di ogni orpello, mostrando solo racchetta e beat: riempire la barra superiore significa salvezza (si ritorna a Mega), mentre riempire quella inferiore significa semplicemente game over.
La struttura di gioco è suddivisa in stage, tre per la precisione. Se il numero di livelli può sembrare limitato, va tenuto conto che ognuno di essi dura non meno di 10 minuti ed è suddiviso a sua volta in diversi sotto livelli. Inoltre, in fondo ad ogni stage è posto un vero e proprio boss, ovvero una sfida particolarmente lunga e impegnativa; ad esempio, il primo boss consiste in un ammasso di beat che ci lancerà incontro i blocchi di cui è composto seguendo vari pattern prefissati, fino all'esaurimento, mentre lasciamo che scopriate da soli in cosa consistono gli altri due.
Un elemento fondamentale del gameplay di Bit.Trip Beat, non tanto per quanto riguarda la meccanica effettiva quanto per il feeling che restituisce al giocatore, consiste nell'esperienza musicale ed in particolare ritmica che il titolo vuole regalare. Il movimento dei beat, la loro traiettoria ed i tempi con cui entrano ed escono dallo schermo sono strettamente legati e completano le tracce audio riprodotte in background; così facendo, il titolo riesce a dare l'impressione d'essere un rhythm game, quando invece quello che fa l'utente è solo muovere una racchetta su e giù.

8-Bit... ma anche meno!
SPOILER (click to view)
L'elevata difficoltà di gioco può essere mitigata grazie all'aiuto di uno, due o tre amici. Il multiplayer di Bit.Trip BEAT (attivabile semplicemente premendo un tasto sui Wiimote aggiuntivi) consiste nell'affrontare gli stessi identici stage della modalità in singolo, ma questa volta con due o più racchette a respingere i beat; ovviamente, nel caso in cui i giocatori siano tre o quattro le racchette saranno di dimensioni minori. Giocare con degli amici dunque rende il gioco certamente più accessibile, aggiungendo inoltre il divertimento dato dal dover coordinare i movimenti di tutti: è inevitabile che si finisca col coprire ognuno una porzione dello schermo, per evitare di correre tutti dietro allo stesso beat.

Il comparto tecnico/artistico di Bit.Trip BEAT rappresenta una delle peculiarità principali del titolo in esame. Ogni singolo elemento tradisce l'enorme nostalgia degli sviluppatori ed il loro amore per tutto ciò che ricorda l'epoca d'oro dei primissimi sistemi di gioco casalinghi; tutto ciò che viene visualizzato a schermo restituisce un feeling pixelloso e vintage (nell'accezione videoludica del termine) sia per quanto riguarda racchetta, beat e indicatori (nient'altro che pixel il movimento) che per gli elementi visualizzati in background, seppur realizzati in grafica 3D. A proposito di quanto visualizzato in secondo piano rispetto all'azione di gioco, va specificato che spesso le strutture rappresentate distolgono l'attenzione del giocatore o rendono difficile la visione dei beat che si avvicinano senza sosta alla racchetta: questo è un elemento voluto dagli sviluppatori, dunque seppur fastidioso non può essere considerato un vero e proprio difetto.
L'audio del titolo assume grande importanza, visto la natura in qualche modo ritmica del gioco, e consiste sostanzialmente in lunghe tracce di chip-tunes, musica che ricorda quella prodotta dai limitatissimi processori delle macchine da gioco anni '80. Anche in questo caso però non ci troviamo di fronte ad un'emulazione di un hardware antiquato, bensì ad una riproposizione di tali atmosfere in chiave moderna, vista la comunque eccellente fedeltà audio. I tre lunghissimi pezzi del gioco risultano vari e ritmati, e riescono a infondere sensazioni specifiche nel giocatore. Da notare poi come le tracce varino dinamicamente col progredire del gioco ed il passaggio nei vari stati; passando allo stato Hyper il comparto sonoro si arricchisce improvvisamente di suoni ed effetti aggiuntivi (sia audio che video) rispetto alla musica tutto sommato piatta ascoltata in Mega, mentre lo stato Neither fa calare sull'azione il silenzio più assoluto. Il risultato è un accompagnamento sonoro in grado di riflettere adeguatamente la bravura del giocatore ed il diverso modo in cui si sviluppa ogni singola partita.
Giudicare la giocabilità di un titolo come Beat.Trip BEAT è sempre difficile. In generale la meccanica di gioco funziona: come abbiamo detto i controlli sono implementati ottimamente (buona l'idea di sottolineare il ritmo dei brani con piccole vibrazioni regolari del Wiimote), mentre le regole del gioco sono poche ma funzionali; impugnare il controller e cominciare a respingere i beat sembra da subito la cosa più naturale del mondo. Ciò che invece può allontanare in breve tempo un gran numero di giocatori è la difficoltà del titolo, decisamente sopra la media. Già dalla metà del primo stage i beat arrivano a frotte, ognuno con un pattern di movimento diverso, mettendo in seria difficoltà il giocatore; superare un livello al primo tentativo è praticamente impossibile, ed ognuno di essi richiede di essere giocato più e più volte, anche solo per memorizzare i movimenti dei beat nelle fasi più concitate. Inoltre, molti giocatori potrebbero semplicemente non essere in grado di seguire l'azione nelle fasi più caotiche, in cui gli elementi del gioco oltre a muoversi rapidamente in tutto le direzioni sono seminascosti dalle forme e dai colori visualizzati sullo sfondo. La difficoltà di Bit.Trip BEAT rappresenta dunque la più grossa discriminante fra coloro che ameranno il titolo dedicandoci non poco tempo e coloro che dopo un paio di minuti spegneranno il Wii con un gran mal di testa.
Quello che certamente è un difetto, o quantomeno un'occasione sprecata, è la mancanza di una leaderboard on-line. In un gioco in cui l'hi-score è tutto (una volta terminato uno stage, l'unico stimolo a rigiocarlo è dato dall'ottenimento di un punteggio migliore) sarebbe stato certamente interessante e stimolante poter consultare ed eventualmente scalare una classifica dei migliori giocatori al mondo.

Commento Finale
Bit.Trip BEAT è un titolo atipico e sicuramente andrebbe provato per capire se si è nella ristretta schiera di coloro i quali ameranno il gioco.
Al di là di alcuni meriti e demeriti oggettivi, infatti, il titolo potrebbe risultare troppo difficile e stancante per gli occhi di molti, mentre fresco, e appagante, e impegnativo per altri.
In breve, se avete un debole per il retrogame più estremo ed il ritmo, e cercate un gioco che metta dura prova le vostre abilità da videogiocatore, allora potete spendere questi 600 Nintendo Points tranquillamente ed iniziare un lungo viaggio al fianco di Commander Video.

Voto 7.5

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gattochiatto
view post Posted on 12/6/2009, 11:41




Swords & Soldiers


I vichinghi cercano materiali per imbandire un banchetto, gli atzechi vogliono coltivare un peperoncino gigante, mentre i cinesi si dedicano alla coltura di enormi verdure. Motivazioni valide per scatenare una guerra intercontinentale

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Ci sono un vichingo, un cinese e un azteco che vanno alla guerra…
Inutile girarci attorno, WiiWare ultimamente si sta assestando su livelli piuttosto deludenti: la luminosa idea iniziale di una piattaforma dedicata allo sviluppo indipendente (o comunque a basso costo) supportata dal marchio Nintendo ha ceduto presto il passo a party game e giochetti tratti di peso dal mondo dei flash game o dai titoli per cellulare. Swords & Soldiers si staglia su questo panorama come una vera e propria manna. Il gioco di Ronimo rappresenta quello che ci si auspica dal servizio WiiWare: sviluppato in maniera originale, a partire dal concept fino alla realizzazione tecnica, questo particolare RTS non si appella al basso costo per proporre un passatempo di seconda categoria, ma offre un'esperienza di gioco che fa tranquillamente invidia a molti giochi dalla produzione maggiore, venduti a prezzo ben più alto. Dalle immagini non si direbbe, ma Swords & Soldiers ricade piuttosto precisamente nella categoria degli strategici in tempo reale: sfrondando tutti gli elementi più accessori e complessi, in questo gioco cogliamo il nocciolo del gameplay tipico del genere. Traendo qualcosa dai "tower defence" che tanto successo riscuotono in questo periodo, la struttura è stata semplificata al massimo, inserendo tutti i comandi possibili in un'interfaccia utilizzabile con il solo Telecomando Wii e schiacciando la mappa di gioco in una rappresentazione a due dimensioni, con scrolling laterale.
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Camuffato sotto questa insolita prospettiva troviamo un RTS che si rifà al tipico mantra di questo genere: raccolta fondi, costruzione di unità e raggiungimento di un obiettivo all'interno di varie mappe, affrontando tre diverse campagne corrispondenti alle tre fazioni in lotta fra loro. Ogni campagna è composta da una decina di missioni (con in più "sfide extra" sbloccabili) e può essere conclusa in un paio d'ore, per un totale di circa 6 ore di gioco, rendendo in tal modo (e insieme all'assenza di una modalità multiplayer online) la longevità il maggiore punto debole di Swords & Soldiers. La scelta originale della rappresentazione grafica è supportata da un 2D cartoonesco e colorato, decisamente lontano da quanto siamo soliti vedere in prodotti analoghi, con trama, dialoghi e frammenti di parlato tendenti all'umorismo demenziale che confermano l'essenza parodistica di questo strano gioco di strategia, insieme ad una colonna sonora epica e orchestrale che riprende invece atmosfere ben più classiche, creando un interessante misto di atmosfere.

Telecomandare un esercito
Nonostante i livelli propongano diverse variazioni sul tema principale (difesa della base, distruzione di oggetti particolari, resistere per un dato periodo di tempo agli attacchi), lo schema fondamentale è sempre lo stesso: ci troviamo all'estrema sinistra della mappa bidimensionale, con i nemici che ci attaccano esclusivamente da destra. Questa semplificazione, amplificata dal movimento completamente automatico delle unità (non solo degli addetti alla raccolta delle risorse, anche i combattenti si muovono autonomamente verso la destra dello schermo, attaccando non appena il nemico arriva a tiro) nasconde in verità una struttura di gioco frenetica, che richiede concentrazione e velocità al giocatore. Attraverso uno schema ad albero è possibile attivare le varie unità e poteri speciali con cui comandare l'esercito, che andranno quindi a posizionarsi - dopo un periodo di "caricamento" - sulla parte alta dello schermo, pronte all'uso, il tutto attraverso una semplice interfaccia con puntatore, utilizzabile con il Telecomando Wii.
images/2009/05/09/276827.swords-soldiers-per-wii.medium.jpg
La creazione di ogni elemento richiede un certo quantitativo di oro, mentre l'attivazione di magie consuma il mana, che generalmente si autoricarica, rendendo l'economia di questi due elementi un fattore basilare per la vittoria. Sebbene si distinguano per particolari sfaccettature, ognuno dei tre eserciti si equivale in termini di poteri e unità: ci sono combattenti a corto e lungo raggio, guerrieri dotati di poteri magici, unità corazzate di vario genere e fortificazioni da costruire in determinati punti della mappa. Le magie sono utilizzabili direttamente dal giocatore selezionando precisamente la zona di attacco attraverso il puntatore, e proprio in questi poteri speciali risiedono probabilmente le maggiori differenze tra le tre fazioni a disposizione. Il movimento automatico dei combattenti non lascia spazio ad una pianificazione prudente e al temporeggiamento, così come d'altra parte l'incalzare incessante dei nemici al bordo dello schermo spinge ad agire in fretta, per non concedere centimetri preziosi all'esercito avversario. Proprio nella velocità e frenesia dell'azione risiede il carattere unico di Swords & Soldiers: non concentrandosi su una vasta quantità di azioni e tattiche possibili, richiede al giocatore un perfetto tempismo e una gestione velocissima dell'esercito. Insieme alla creazione di unità e allo sviluppo dei vari poteri, è necessario un supporto continuo delle truppe impegnate nello scontro attraverso l'uso delle magie (e qui c'è da dire che la rappresentazione bidimensionale a volte non aiuta, nel caso di eserciti particolarmente folti, a capire esattamente cosa sta succedendo in battaglia) senza poter mai abbassare la guardia, caratterizzando l'azione con un ritmo quasi da action game.

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Commento Finale
Seppure non vada preso come un vero e proprio RTS, poiché il taglio è chiaramente diverso nella sua semplicità, Swords & Soldiers rappresenta un gioco ben strutturato e divertente. L'affascinante stile scanzonato, l'ottima realizzazione tecnica e le ben studiate dinamiche di gioco - sebbene a volte tendenti al confusionario - rendono questo titolo Ronimo uno dei migliori prodotti usciti finora su WiiWare, nonché una delle interpretazioni più convincenti, su console, della struttura tipica dello strategico in tempo reale. La presenza di una modalità multiplayer online avrebbe probabilmente aumentato esponenzialmente il valore complessivo del gioco, che comunque appassiona fortemente per tutta la durata delle tre campagne, ampliabile in ogni caso con il multiplayer in locale. In definitiva, anche considerando il prezzo, un acquisto caldamente consigliato a chiunque abbia voglia di qualcosa di originale, divertente e impegnativo.

Pro
* Ottima realizzazione tecnica
* Immediato, veloce e divertente
* Prezzo che invoglia

Contro


* Campagna non lunga
* Assenza di multiplayer online
* Alcune situazioni un po' troppo caotiche

Voto 8.8
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gattochiatto
view post Posted on 5/9/2009, 13:35




Dopo aver introdotto il personaggio di Commander Video ed il suo viaggio interspaziale in Bit. Trip Beat - una versione ritmata di Pong - Gaijin pubblica il secondo titolo appartenente alla sua esalogia, composta di prodotti che mischiano musica e dinamiche ludiche sempre differenti. Se vi siete abituati a muovere la barra per far rimbalzare i pixel colorati lungo i 3 livelli di BEAT, quando acquisterete CORE sarete stupiti di come con gli stessi elementi (una barra e dei pixel da colpire) Gaijin sia riuscita a creare un gioco totalmente differente, che riesce però a mantenere lo stile ritmico del precedente episodio.

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Uno Shooter Musicale
Lo scopo del gioco è rimasto pressoché invariato da Bit. Trip Beat. Sullo schermo di gioco compariranno e si muoveranno in sequenza dei pixel colorati, denominati Beat. Se in BEAT i pixel arrivavano da destra verso sinistra, in questo titolo i beat possono provenire da ogni angolo dello schermo. Il giocatore dovrà colpire ed eliminare i pixel attraverso una barra che parte da un nucleo posto al centro dello schermo. Questa barra è comandata dalla croce direzionale del Wiimote, da tenere in posizione orizzontale durante il gioco. Tenendo premuta una delle 4 direzioni della croce la barra si posizionerà lungo lo schermo e per attivarla bisognerà premere il pulsante 2 esattamente quando un beat passerà sopra di essa. Ad ogni beat che elimineremo verrà assegnato un punteggio, che parte da quello base di 100, ma che aumenta di una unità ogni volta che colpiremo una nuovo beat musicale in sequenza. L'eliminare più Beat comporterà inoltre l'aumento di una barra posta nella zona superiore dello schermo. Il riempimento di questa barra ci farà aumentare di stadio, mentre il mancare un Beat comporterà il riempimento di un'altra barra, questa volta posta nella zona inferiore dello schermo, che una volta riempitasi farà scendere il giocatore alla modalità inferiore. Gli stadi di gioco sono 4; ad inizio livello partiremo nello stadio "Hyper", lo stadio superiore è denominato "Mega" ed il rimanere in questo stadio comporta l'attivazione di un moltiplicatore di punteggio che aumenterà di una unità ogni secondo. Lo stadio "Super" è il livello massimo raggiungibile: restare in questa modalità significa vedere liveitare il punteggio velocemente, ma un solo errore in questo stadio comporterà il ritorno al livello Mega. Nel caso in cui sbagliassimo nel colpire i pixel, cadremo velocemente di livello, raggiungendo lo stadio "Nether" in cui lo schermo di gioco diventerà in bianco e nero, la musica si arresterà e dovremo colpire quanti più beat è possibile senza commettere errori per non decretare la fine della partita.
Anche in CORE le tipologie di beat sono numerose, tutte distinte da un colore. I beat gialli sono quelli che si muovo linearmente, mentre altri avranno dinamiche di movimento differente, come il muoversi diagonalmente, in senso circolare, oppure rimbalzerranno una volta colpiti per poi ricadere da un'altra parte. Ogni livello di gioco è diviso in 8 mini-stage in cui ci sarà una sequenza di Beat da colpire. Alla fine di ogni stage dei beat arcobaleno passeranno sullo schermo. Se riusciremo a colpire tutti questi beat, passeremo allo stage successivo cambiando lo sfondo di gioco e inserendo una nuova base alla musica che ci accompagna. Al contrario, il mancare anche solo uno dei beat di transizione, non aggiungerà nulla allo stage successivo.
In Bit. Trip Core i livelli di gioco possono essere giocati anche in cooperativa con un'altro giocatore, utilizzando un secondo Wiimote. Una seconda barra si aggiungerà allo schermo ma a conti fatti giocare in multiplayer spezza la ritmicità del titolo, riducendo il tutto al solo premere i tasti per eliminare i pixel dallo schermo.

Try again, again, again...
Come per BEAT, i livelli di gioco sono 3, ed ognuno della durata di 10 minuti circa. La curva di difficoltà è molto ripida, e già dal secondo livello le schermate di game over si susseguiranno molto velocemente, costringendo chi gioca quasi a dover memorizzare gli schemi di comparsa e di movimento di ogni singolo beat. Rispetto a BEAT l'attenzione del giocatore deve essere ancora maggiore, poiché questa volta i beat non arriveranno da una sola direzione, ma da ogni lato dello schermo. I primi momenti di gioco saranno traumatici, delineati da un notevole senso di disorientamento. Ma con il proseguire delle partite, l'occhio si abitua, l'orecchio si affina a sentire il ritmo della musica e si riesce a concatenare facilmente un grande numero di beat eliminati, con nostra grande soddisfazione. I controlli questa volta non sono affidati ai sensori di movimento ma alla croce direzionale ed al pulsante 2 per attivare la barra. Nel perdere punti riguardo alla particolartità dei comandi, il titolo però ne acquista nel feeling musicale, dato dal premere al tempo giusto i tasti.
La grafica di gioco è rimasta invariata, con i Beat colorati che si muovono sullo schermo, mentre sfondi dinamici ci accompagnano in ogni stage del livello. C'è però da dire che nel complesso CORE è più sobrio, meno psichedelico, limando uno dei difetti principali del capitolo precedente, che abbondava di effetti luminosi che velocemente stancavano gli occhi del giocatore. Anche il comparto sonoro non subisce stravolgimenti, con tracce sempre molto elettroniche e ritmate. Anche la caratteristicha principale dell'audio che consiste nella variazione della colonna sonora a seconda del nostro modo di giocare è rimasta invariata, partendo dall'assenza di suono se i giocatori non saranno molto abili, alla sovrapposizione di più tracce ed effetti se riusciremo ad essere imbattibili nell'eliminare i beat dallo schermo.

Commento Finale
Bit. Trip Core, pur mescolando bene gli stessi elementi ludici, rimane un titolo molto simile al suo predecessore sotto molti aspetti. Alcuni elementi sono stati aggiunti per rendere l'esperienza di gioco migliore, ed anche la grafica ha subito alcune migliorie rendendo il titolo meno stancante per gli occhi.
Ma Bit. Trip Core rimane un WiiWare per veri duri: è necessario tentare e ritentare per superare una parte di livello, ed è quasi inevitabile morire subito dopo e ricominciare da capo. Se rientrate nella categoria di giocatori più testardi, oppure vi siete divertiti con il titolo precedente, non potete farvi sfuggire questo gioco, altrimenti forse è meglio lasciar perdere e riconsiderare come spendere meglio i 600 Nintendo Points necessari ad acquistare Bit. Trip Core.
VOTOGLOBALE7.5

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Razor213
view post Posted on 7/9/2009, 14:25




io ho skarikato Final fantasy my life as a king e mi trovo bn a giocare, anke se è in ENG -.-'
 
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gattochiatto
view post Posted on 11/9/2009, 11:05




Anteprima LOST WINDS: WINTER OF MELODIAS



Quando nel maggio del 2008 fu lanciato il servizio Wiiware per poter scaricare piccoli software a prezzi contenuti, fin da subito fu alto il riscontro da parte dei giocatori, grazie soprattutto alla presenza di titoli di qualità nella line-up. Tra tutti i prodotti del lancio, spiccava pretotentemente un piccolo platform/adventure che riusciva a combinare i comandi classici all'uso sapiente dei movimenti del Wiimote: stiamo parlando di LostWinds. Questo WiiWare sviluppato da una talentuosa software house inglese, Frontier, bilanciava un'ottima ed originale implementazione dei controlli ad uno stile artistico molto curato, raggiungendo livelli qualitativi di alcuni dei migliori titoli distribuiti su supporto rigido per Nintendo Wii. Tante furono le critiche positive elargite a LostWinds, sia da parte della critica che da parte dei giocatori - il titolo rimase a lungo in classifica come uno dei WiiWare più scaricati. Certo, il prodotto non era esente da difetti: aveva ad esempio una limitata longevità ed una marcata complessità di fondo. Dopo alcuni mesi dall'uscita del gioco, Frontiers dichiarò di essere al lavoro su di un seguito, e molti - visto appunto il successo e lo standard qualitativo raggiunto - sperarono di poterlo vedere distribuito nei negozi, con un concept più elaborato e longevo.
Dopo più di un anno, l'annuncio ufficiale del secondo capitolo è arrivato: LostWinds ritornerà con Winter of Melodias, una seconda entusiasmante avventura, ma ancora una volta - con un po' di delusione per alcuni - su WiiWare. Riuscirà il seguito di uno dei migliori WiiWare a ribadire che i capolavori possono provenire anche dal mercato del digital delivery?

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Vento di Stagione
Winter of Melodias è un seguito diretto del primo capitolo. Toku, il ragazzo che insieme allo spirito del vento Enril ha sconfitto il malvagio Balasar, è ritornato alla sua vita tranquilla di sempre. Ma un brutto giorno sua madre, Magdi, che era partita in spedizione sulle montagne rocciose di Mistralis per scoprire il passato di una antica popolazione, scompare misteriosamente. L'unico oggetto ritrovato vicino al luogo della sua scomparsa è una pagina strappata del suo diario.
Toku non si perde d'animo e riparte insieme ad Enril alla ricerca di sua madre, avventurandosi nel misterioso territorio della popolazione di Melodia. I due arrivano al Summerfalls Village, uno strano villaggio perennemente colpito da un freddo vento invernale ed assediato da mostruose creature che spaventano gli abitanti della zona. Per poter proseguire ed aiutare le persone del luogo, Enril e Toku vanno a fare visita allo spirito delle stagioni, Sontè, che darà la capacità al ragazzo di modificare l'ambiente che lo circonda cambiando il corso delle stagioni, tra estate ed inverno. Nel proseguire la ricerca Toku scoprirà ben presto che la sua mamma è in grave pericolo: Balasar sembra essere purtroppo ritornato, ed ha in qualche modo imprigionato Magdi. Toccherà a Toku e Enril avventurarsi tra le rovine della città di Melodia per scoprire il destino che dovranno affrontare per portare in salvo sia Magdi che tutti gli abitanti di Mistralis.
Le novità introdotte in questo seguito sono molteplici, tutte volte ad aggiungere varietà al gameplay. Prima tra tutte la possibilità di Toku di poter cambiare la stagione di Mistralis tra Estate ed Inverno, grazie all'aiuto del nuovo spirito, potendo così modificare l'aspetto di ogni locazione. Questo cambio di stagione avrà effetti molto importanti su alcuni elementi scenici, come la vegetazione presente, o l'acqua. Ad esempio in zone dove saranno presenti cascate in estate, potremo ghiacciarle ed aprire nuovi passaggi in inverno. Nella fredda stagione inoltre saremo in grado, muovendo il Wiimote in maniera circolare, di creare palle di neve, da poter lanciare sui nemici.
Anche Toku si rinvigorisce, e se nel primo capitolo i soli movimenti a lui consentiti erano la camminata ed il poter appigliarsi a piccole sporgenze, ora il protagonista potrà anche nuotare ed esplorare quindi ambienti acquatici. Il potere del vento, gestito con il puntatore del Wiimote, si potenzia poi di nuove mosse, tra cui la possibilità di creare dei veri e propri cicloni, capaci non solo di spazzare via i nemici, ma di aprire nuove vie sulla strada da percorrere.
Anche sotto il profilo del level design, si prospettano migliorie. Frontier infatti ha comunicato che nel gioco potremo consultare una mappa, e sarà presente anche un sistema di suggerimenti. Insomma tutti elementi che fanno presagire una maggiore complessità di fondo, forse l'unico punto debole del titolo precedente.
Sotto il profilo tecnico, il titolo rimane eccellente. Gli ambienti sono mordibi e vellutati, ricchi di dettaglio e colore. Lo stile utilizzato è identico al precedente capitolo, con ampi rimandi alla cultura Sud-Americana, sia nell'aspetto dei protagonisti, sia ascoltando le stupende musiche di accompagnamento. La cura con cui Frontier presenta questo Winter of Melodias è così elevata che molti ancora si domandano il perché questa serie non sia stata pubblicata su disco.

Commento Finale
Su Winter of Melodias c'è poco da dire. Tutti gli elementi che avevano reso LostWinds uno dei migliori WiiWare pubblicati sembrano essere ritornati, dalla magnificenza con cui il Wiimote viene utilizzato per muoversi e combattere, allo stupendo comparto audio/video che ribadisce la cura quasi maniacale che Frontier ha per questa serie. Se ci aggiungiamo i nuovi elementi di gameplay introdotti, e la promessa di un gioco un po' più articolato e duraturo, la nuova avventura di Toku e Enril ha tutte le possibilità per spodestare il suo predecessore dal trono di miglior Wiiware in circolazione.

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gattochiatto
view post Posted on 18/9/2009, 13:27




Contra: Rebirth


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L'esistenza di una memoria storica, stratificata in periodi e corrispondenti stili caratteristici è una prova, se non proprio dell'essenza artistica di un prodotto, quantomeno della sua maturità e della sua sedimentazione in un certo sostrato culturale.
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L'operazione dei "rebirth" - dal recente Gradius al precedente Mega Man - rappresenta un passo di una certa importanza nello sviluppo videoludico: si tratta certamente di omaggi alla tradizione classica del videogioco, ma che invece di puntare sulla semplice rievocazione nostalgica - ri-edizioni con grafica goffamente adattata come accade spesso nei digital delivery - si propongono come veri e propri nuovi capitoli perfettamente calati nel clima e nello stile dell'opera originale da cui discendono. In un certo senso, dunque, contribuiscono a delineare l'importanza delle diverse fasi storiche nell'evoluzione videoludica, attribuendone un valore specifico che evidentemente viene ricercato ancora oggi, in barba al progresso meramente tecnologico. D'altra parte, si è discusso a lungo sull'impossibilità di riproporre oggi al meglio alcuni generi che hanno fatto la storia del videogioco: lo sparatutto e il picchiaduro a scorrimento, per dirne due, tipologie che con l'avvento della terza dimensione non sono riuscite a trovare giovamento (se non da un punto di vista estetico, con risultati alterni) trovando il loro significato stesso profondamente legato ad una certa rappresentazione grafica e, bene o male, ad un certo modo di fruire i giochi che indubbiamente non è più quello di oggi. Ecco dunque la soluzione ideale per riprendere nel 2009 una serie come Contra, che a più di 20 anni di distanza rientra a pieno diritto nella definizione di "vintage": costruire un nuovo capitolo a partire dalla rappresentazione grafica e dall'impostazione di gioco che caratterizzavano i capitoli dell'era bitmap, dagli 8 ai 16-bit.

L'antica guerra
La questione è semplice come premere un grilletto: gli alieni sono tornati sulla Terra, con le loro solite intenzioni bellicose e il loro aspetto ripugnante. Ci vogliono persone pratiche per gestire la situazione, possibilmente qualcuno che abbia esperienza nel trattare con il nemico (o meglio, nel trattare IL nemico): qualcuno come Bill Rizer, lo pseudo-Schwarzenegger dei primi capitoli.
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Rizer viene dunque risvegliato da una sorta di ibernazione e affiancato al nuovo combattente Yaggyu, quindi - senza dargli nemmeno il tempo di ricordare esattamente chi è e cosa ha fatto in passato - lanciato in mezzo alla pioggia di pallottole, raggi laser e macchine da guerra che è diventato il mondo: la storia, se così si può definire, viene narrata attraverso cut-scene alquanto ben disegnate. Ovviamente, in pieno spirito anni 80, l'azione all'interno del gioco è spinta al parossismo: proiettili giganteschi, missili, colori sparati, boss enormi si susseguono senza sosta sullo schermo. Non c'è tempo per soffermarsi sui dettagli - ormai così importanti nei giochi moderni - è necessario correre, saltare e sparare senza sosta per poter sopravvivere, nel tipico ambiente precario e dal pericolo costante e iperreale che un tempo era caratteristico di quasi ogni videogioco. Le azioni possibili sono poche, non c'è niente di accessorio, mentre gli unici elementi minimamente strategici sono la scelta dell'arma da utilizzare (soltanto due possono essere equipaggiate per volta e alternate a piacere) e l'apprendimento dei pattern di attacco dei boss da sconfiggere. Questi ultimi meritano una menzione particolare: come da tradizione, costituiscono i momenti più spettacolari del gioco Konami, enormi e stravaganti. Da veri protagonisti dei livelli, si affacciano a più riprese sullo schermo fino alla resa dei conti finale. Il gameplay ripropone dunque precisamente l'esperienza di gioco classica, il che è un bene, soprattutto per gli appassionati della serie e i giocatori "hardcore" in generale, a cui questo prodotto sembra naturalmente destinato. Bisogna sapere cosa attendersi quando ci si avvicina al gioco: l'utente abituato a produzioni più moderne potrebbe trovarsi a disagio, sia davanti alla realizzazione grafica che, soprattutto, al ritmo serrato e all'alto livello di difficoltà che lo caratterizza, altrimenti la frustrazione può arrivare ben presto. Contra Rebirth è dunque un prodotto adatto al nostalgico, e a chi ha voglia di una dose d'azione ai massimi livelli, senza fronzoli né estetici né tanto meno contenutistici, cosa che determina sia il suo punto di forza che il suo limite, non essendo chiaramente apprezzabile da tutti alla stessa maniera.

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Come ai vecchi tempi
Un altro elemento che richiama l'industria videludica del passato e lo stile caratteristico dei giochi action dell'epoca 8 e 16-bit è la relativa brevità del gioco. 5 livelli, con la possibilità di sfruttare "continue" infiniti, non sono veramente molti, e fanno tornare in primo piano l'essenza di prodotto a basso costo di questo Contra Rebirth, pur sempre un titolo pianificato e sviluppato appositamente per il mercato del digital delivery.
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L'alto livello di difficoltà costringe a giocare i livelli molte volte prima di venirne a capo, soprattutto nelle modalità al di sopra della "easy", nelle quali alla perdita di una "vita" corrisponde una drastica riduzione dell'arsenale accumulato in partita, dunque la sfida è piuttosto duratura, ma i livelli sono comunque pochi. La realizzazione tecnica è l'elemento che maggiormente caratterizza questo particolare prodotto Konami: sia la grafica che il sonoro sono evidenti omaggi ai videogiochi in 2D dell'epoca 16-bit e si presentano dunque con tutta la loro potenza evocativa in positivo e in negativo. La grafica è coloratissima, a volte volutamente goffa e spixellata come si conviene al bitmap classico, in una festa di sprite ed effetti grafici che richiamano in pieno il clima da Super Nintendo: in certi casi gli effetti di rotazione e cambio di dimensione sembrano richiamare direttamente il celebre Mode 7 della storica console. Gli scenari contengono richiami ed elementi già presenti nei capitoli precedenti della serie, ma per la maggior parte si tratta di materiali completamente nuovi, a dimostrazione della cura riposta in questo gioco dagli sviluppatori. Anche la colonna sonora si inserisce perfettamente nel clima generale, riproponendo versioni remixate delle tracce celebri appartenenti alla serie, con una oculata scelta di campionature, strumenti, suoni ed effetti audio che sembrano usciti direttamente dagli anni 80-90.
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Commento Finale
Contra Rebirth non è dunque solo la riproposizione di un classico, ma una nuova dose di azione pienamente inserita nei canoni classici della serie. Proprio per la sua fedeltà allo stile originale, si tratta di un gioco che non perdona la minima distrazione e punisce severamente: il "Game Over" giunge con una frequenza a cui non siamo più abituati. Per questo, e per il suo aspetto particolare, potrebbe non essere apprezzato da tutti, indirizzato com'è in particolare al pubblico "hardcore" o nostalgico dei bei tempi andati. Un prodotto di nicchia, più che una produzione di alto profilo destinata a far ripartire la serie ai nostri giorni, nondimeno un'operazione condotta con grande classe da parte di Konami, oltretutto a un prezzo veramente invitante.

VOTO 8

PRO
* Divertente e immediato
* Un bell'omaggio stilistico ai giochi anni 80-90
* Il tutto a soli 1000 Wii Points

CONTRO
* Un po' corto
* L'aspetto e la difficoltà non lo rendono adatto a tutti

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gattochiatto
view post Posted on 12/10/2009, 18:53




Recensione



LostWinds è stato tra i primi titoli disponibili al lancio della piattaforma WiiWare, quando anche Nintendo, nel maggio 2008, si buttò a capofitto nelle infinite possibilità del digital delivery. Il titolo dei ragazzi di Frontier fu un successo di critica e di pubblico, ottenendo votazioni eccellenti dalla stampa specializzata e rimanendo saldamente tra le prime posizioni nella classifica dei giochi più scaricati dal canale Wii Shop.
Tale successo fu dovuto a vari fattori, in primis una giocabilità sopraffina, ma anche una cura certosina in tutti gli altri elementi di contorno, dalla grafica dai toni morbidi e colorati alla suggestiva colonna sonora. A questi elementi positivi facevano da contraltare alcune piccole pecche, dovute alla scarsa longevità dell’esperienza di gioco e ad un livello di sfida tendente verso il basso. Quando, pochi mesi dopo, la software house inglese annunciò che un secondo episodio dell’avventura di Toku era in sviluppo, molti giocatori videro nel sequel la possibilità di ritrovarsi tra le mani un prodotto ancor più elaborato, che replicasse ma soprattutto espandesse la struttura di gioco, per dare un degno seguito a un capolavoro del digital delivery.
LostWinds: Winter of the Melodias, centesimo titolo pubblicato per WiiWare, è finalmente arrivato, ed una nuova avventura sulle ali del vento aspetta i giocatori.

Raffiche ghiacciate e brezza primaverile
Le vicende di Winter of Melodias prendono inizio immediatamente dopo la conclusione del primo capitolo. Dopo aver riconsegnato la memoria perduta al vecchio Deo e dopo aver liberato il custode roccioso Magmok dal sortilegio del malvagio Balasar, Toku e la sua guida Enril, uno spirito del vento, si ritrovano a dover fronteggiare un’altra sfida. Magdi, la madre del piccolo eroe, è data per dispersa dopo una spedizione sulle montagne rocciose di Mistralis, volta a scoprire i segreti di un’antica e misteriosa popolazione. Il giovane ragazzo si mette quindi alla sua ricerca, ma ben presto grandi difficoltà gli si parano innanzi: le vette sono infatti invase dalla nave e dal ghiaccio, nonostante la stagione estiva, ed il gelo gli rende difficile la vita. Dopo alcune peripezie arriverà infine al cospetto della dea Sontè, capace di comandare il flusso delle stagioni, e ne otterrà i poteri, potendo cambiare a suo piacimento l’estate in inverno e viceversa.
L’alternanza tra le due stagioni è probabilmente l’elemento di maggior rilievo in Winter of the Melodias. Per coloro che non avessero giocato il primo episodio è utile rimarcare come questo si trattasse di un platform-adventure, con una struttura aperta paragonabile a quella della serie Metroid. In un contesto del genere il cambiamento tra inverno ed estate può alterare profondamente il level design, con cascate che si trasformano da ostacoli insormontabili o in stalattiti di ghiaccio (pronte ad essere sciolte da raffiche infuocate o da massi scagliati dal vento), laghi ghiacciati impossibili da bucare ma facilmente attraversabili a nuoto durante la bella stagione, ed altri vari elementi che alla stessa maniera offrono al giocatore una stimolante sfida in chiave platform (con piattaforme da raggiungere in ogni modo), ed in chiave adventure, con enigmi la cui risoluzione impegnerà seriamente anche coloro che hanno affrontato con successo le difficoltà del primo episodio.
Se su queste stesse pagine virtuali eravamo stati tanto prodighi nel lusingare l’eccelso lavoro sul level design eseguito dai ragazzi di Frontier per l’episodio originale, dobbiamo ripetere le nostre lodi in maniera ancora più convinta per quanto riguarda questo seguito. La realizzazione di una struttura di gioco aperta e non lineare è già di per sé problematica, e davvero pochissimi titoli possono affermare di avere come fondamenta un mondo organico e ben sviluppato. Winter of the Melodias è tra questi, e davvero sarebbe facile notare come in una produzione di basso budget sia presente una cura ed una coerenza ludica assente anche nei cosiddetti titoli AAA, a budget elevato e con team di sviluppo enormi alle spalle. Se una piattaforma, un pulsante, un masso, un braciere, un qualunque elemento del mondo di gioco è presente, lo è sempre per un motivo. Non ci si lascia andare all’abbellimento sfrenato e pomposo, che spesso va a pari passo con una struttura di gioco banale ed abusata. Nella sua essenzialità Winter of the Melodias è magnifico, perché non seppellisce il giocatore sotto quintali di artificiosi espedienti, ma ne stimola la progressione passo passo invogliandolo sempre più, con enigmi basati sul ciclo delle stagioni ma anche con le tante nuove possibilità date allo spirito del vento Enril. Con pochi e semplici combinazioni di tasti e movimenti impartiti con il Wiimote, implementato ancora una volta in maniera efficace, sarà adesso possibile creare potenti tornado, atti farci a raggiungere piattaforme assai elevate come a perforare il terreno, a mo' di trivella. La forza degli elementi ci verrà incontro anche quando dovremo prosciugare stagni e riversarne magari l’acqua in altre conche, sottoforma di pioggia. Se già da sole queste possibilità di gioco garantiscono una varietà di situazioni ottima, la loro sapiente combinazione esalta ancora di più l’esperienza ludica, quando enigmi particolarmente complicati richiedono uno sforzo non indifferente anche al giocatore più smaliziato. Il backtracking è implementato in maniera sapiente, e stanze nelle quali passeremo inizialmente senza possibilità d’azione diventeranno in seguito -una volta ottenuto il potenziamento necessario- aree d'accesso per sone di gioco precedentemente irraggiungibili. Ed il peregrinare sarà più lungo che nell’episodio precedente, vista una longevità praticamente raddoppiata.

Fiabe dipinte
Se dal punto di vista prettamente ludico Winter of the Melodias ricalca la struttura di gioco dell’episodio precedente e addirittura ne amplia le possibilità, lo stesso si può dire per la componente squisitamente tecnica. Anche qui Frontier si è saputa superare, ed ha creato un mondo di gioco dai colori morbidi e dalla tonalità oniriche. La natura è dipinta in maniera superba, dagli alberi ai piccoli cespugli, dalle cascate alle caverne ghiacciate, con paesaggi ancora più ricchi ed ancora più vivi. Lo stile utilizzato è rimasto lo stesso, ed anche qui c’è solo da applaudire, perché saper rendere un mondo fiabesco senza sfociare nella caricatura infantile è compito assai arduo nel quale, ci permettiamo di dire, un gusto squisitamente europeo ha maggiori probabilità di riuscita.
Un piccolo passo indietro è stato fatto per quanto riguarda la colonna sonora. Il tripudio di flauti etnici è replicato ma in maniera meno coinvolgente ed incisiva, seppur anche qui la cura riposta sia innegabile, visti (o per meglio dire sentiti) i coinvolgenti effetti ambientali.
Atmosfere oniriche e magnificenza audiovisiva sono le stesse, ed il giocatore non può non esservi partecipe, affascinato dalla cura con la quale è rappresentata la natura o dalle buffe ed ottimamente realizzate animazioni di Toku, ancora una volta piccolo eroe impegnato in un grande compito. Tutto quello che era nel primo episodio è presente nel secondo, in maniera ancor più grande.

Commento Finale
L’esperienza regalata dall'originale LostWinds è rimasta immutata, con un perfetto bilanciamento tra la componente ludica e quella audiovisiva, sebbene il sense of wonder possa arrivare con minor forza a coloro che sono già stati rapiti dal primo episodio. La giocabilità si assesta su livelli eccelsi, ed il difetto della facilità del primo episodio è stato cancellato, con enigmi impegnativi da affrontare coniugando sforzo mentale e coordinazione occhio-pad. Toku si muove con grazia in un’area di gioco ben costruita, un mondo di gioco coerente che impreziosisce al massimo le innumerevoli soluzioni di gioco implementate. Ed a rendere ancor più piena questa esperienza c’è un comparto audiovisivo onirico e fiabesco, colorato e caldo, sapientemente disegnato e finemente realizzato, coinvolgente, capace di regalare atmosfere uniche.
Ancora una volta Frontier è stata capace di regalarci una gemma, il miglior titolo WiiWare ed uno dei migliori per Wii.

Grafica 9
Sonoro 8.5
Giocab. 9.5
Longev. 7

GLOBALE 9.5

[everyeye.it]
 
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gattochiatto
view post Posted on 22/10/2009, 12:23




Recensione YOU ME AND THE CUBES



Il Gioco è disponibile per il download sul servizio WiiWare

Alcune idee geniali nei videogiochi partono da concetti estremamente semplici, spesso legati a leggi universali che regolano la vita reale. Come l'equilibrio, per esempio, e la sopravvivenza legata ad esso: ecco su cosa si basa You, Me and the Cubes.
Non poteva essere scelto titolo migliore per un gioco che ci mette in così intima relazione con questi piccoli esserini dall'esistenza effimera, saldamente ancorati all'idea dell'equilibrio e alla necessità di non cadere, lanciati con veemenza su questi cubi sospesi sul vuoto e sempre sull'orlo del baratro: una vita in bilico, nel vero senso della parola. Lo scopo del gioco è dunque la sopravvivenza dei "Pincopallo" (nome alquanto ridicolo, ne conveniamo, ma pensate a cosa sarebbe accaduto mantenendo il nome originale di "Fallos"), ovvero piccoli esseri di forma umana minuscoli, per qualche motivo destinati a vivere sopra a cubi di diverse fattezze e caratteristiche. Si tratta di giocare con la gravità, cercando di mantenere in equilibrio un numero prefissato di Pincopallo sopra ai cubi, evitando che cadano nel vuoto circostante, entro un certo limite di tempo: gli schemi si compongono di cubi sempre più numerosi via via che si prosegue, sospesi nel vuoto. L'unica azione possibile per il giocatore è la creazione (scuotendo il Telecomando Wii) e il lancio (agitando ancora il Telecomando) degli esserini a coppie sopra a questi solidi, con la facoltà di selezionare precisamente (tramite puntatore) il punto in cui questi atterreranno. In base alla disposizione degli ometti sopra ai cubi (o meglio, alle strutture poliedriche formate dall'unione di vari cubi) l'intera struttura sospesa si inclinerà per effetto del peso e sta a noi cercare di bilanciarne l'equilibrio disponendo gli esseri in maniera quanto più uniforme possibile in modo da distribuire i pesi ed evitare che l'eccessiva pendenza faccia scivolare i Pincopallo nel vuoto, tenendo in considerazione la necessità di mantenere almeno uno di questi su ogni cubo. Se riusciamo all'interno del tempo prestabilito a mantenere in equilibrio un dato numero di ometti, passiamo allo schema successivo, essenzialmente composto dai medesimi cubi con l'aggiunta di uno nuovo ad incastro, fino al passaggio di livello.

Una vita sul cubo

La struttura fondamentale del gameplay, di per sé già piuttosto profonda sebbene non eccessivamente varia, si arricchisce con qualche variante occasionale che va a complicare le cose. Nei livelli più avanzati, compaiono ad esempio cubi atipici: mentre quelli normali hanno superfici e forme standard, che subiscono unicamente l'azione della gravità, i cubi speciali sono caratterizzati da alcune differenze fondamentali. Alcuni riportano dei numeri su ogni faccia, indicanti il numero massimo di Pincopallo che è possibile posizionare su ognuna di esse; altri hanno superfici più scivolose del normale, altri ancora sono "rimbalzanti" e ovviamente fanno aumentare le possibilità di caduta delle creaturine. A questi pericoli "ambientali" si aggiungono veri e propri nemici: di tanto in tanto il processo di creazione degli ometti genera un "Pincopallo fantasma", ovvero un individuo che, caratterizzato da un colore pallido e da un carattere decisamente meschino, tenta in tutti i modi di spingere gli altri oltre il bordo dei cubi, rendendo necessario un preciso lancio di Pincopallo contro di esso. La caduta di ogni individuo determina una certa perdita di secondi, ma esistono anche bonus positivi: eliminando i fantasmi si ottengono secondi aggiuntivi, oppure lanciando le creature nei punti migliori delle strutture si ottengono bonus stabilità che rendono questi più resistenti agli effetti della gravità. Da notare anche il particolare comportamento dei Pincopallo: forse consapevoli della precarietà della propria condizione, questi piccoli individui cercano per quanto possibile di aiutarsi a vicenda, prodigandosi in azioni di salvataggio quando un loro simile nelle vicinanze si trova in difficoltà, cosa che peraltro aumenta in qualche modo l'empatia per questi piccoli abitanti dei cubi.
E' presente una modalità multiplayer cooperativa che consente a due giocatori di affrontare i vari livelli, agendo contemporaneamente sulla medesima partita e dunque richiedendo una collaborazione armoniosa tra i due utenti, che si troveranno insieme a gestire i Pincopallo sopra ai cubi: la situazione sintetizzata in maniera ottimale proprio dal titolo del gioco, d'altra parte.
La rappresentazione di You, Me and the Cubes lo renderebbe un candidato ideale per far parte della serie "Art Style", vista la caratterizzazione minimalista ma pulita e piacevole del comparto grafico, con una menzione particolare da fare per i Pincopallo: le cui animazioni e routine comportamentali aggiungono una nota vivace all'austerità generale.

Commento Finale
Come si conviene ad un buon puzzle game, il concetto alla base di You, Me and the Cubes è semplicemente geniale, e potenzialmente molto longevo. Considerando la fascia di prezzo in cui è stato inserito (1000 Wii Points) merita l'acquisto in particolare per chi cerca un rompicapo immediato con la possibilità di giocare in due in maniera cooperativa. Gli appunti possono essere mossi nei confronti della scarsa varietà che contraddistingue i 36 schemi, nei quali le variabili aggiuntive (cubi atipici e rari nemici) sono piuttosto poche e compaiono alquanto tardi (è comunque possibile selezionare un livello qualsiasi a prescindere dalla progressione effettuata) e per quanto riguarda l'interfaccia, che costringe a continui scuotimenti del Telecomando Wii che, a lungo andare, possono risultare decisamente fastidiosi.

PRO
* Divertente da subito
* Bella l'idea dei Pincopallo
* Possibilità di multiplayer cooperativo

CONTRO
* Poche variabili determinano una certa monotonia
* Controllo "fisicamente" fastidioso

VOTO 8

[multiplayer.it]
 
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